In prima persona singolare by Cristiana Pivari

Raccolta di dieci racconti di vita comune.

In prima persona singolare

Questa raccolta di racconti vince nel 2005 il premio Elsa Morante per inediti. Nel 2007 viene pubblicata con due ristampe. Nel 2009 cessa il contratto con la casa editrice e ora ho deciso di pubblicarla per un fattore affettivo, è stata la mia prima pubblicazione, ma anche su richiesta di chi ne ha solo sentito parlare e non ha avuto l'opportunità di leggerla. L'uso della prima persona al singolare accomuna i dieco racconti della raccolta, racconti che fanno piangere, che fanno ridere o anche solo riflettere. Ma il termine singolare viene usato nell'accezione più ampia perché ogni persona è eccezionale e straordinaria comunque sia. 
"Racconti ben scritti, quelli della Pivari, che si leggono piacevolmente. L'autrice sa calarsi bene sia nei panni maschili che in quelli femminili narrando vicende credibili con una morale condivisibile. La raccolta coinvolge con semplicità e armonia ed è leggibile da tutti" (Franco Vivona, motivazione premio).


 

Genre: FICTION / General

Language: Italian

Keywords: solitudine, fortuna, anime gemelle

Word Count: 112.391 characters

Sales info:

È stato per qualche tempo nella classifica dei cento più venduti su Amazon.

http://bibliotecavirtuale.blogspot.it/2008/07/in-prima-persona-singolare-cristiana.html

L'autrice di questo libro conosce la sofferenza: uno scomodo veicolo che permette a uno scrittore, e non solo a lui, di passare dall'altra parte, varcando il confine che ci separa dagli altri, a volte persino da noi stessi. 
Sulle scomode panche della sofferenza l'autrice è andata di là, è entrata in empatia con gli altri, col mondo, ed è stato un viaggio che ci ha voluto raccontare: ha seguito una vecchia pazza che saluta tutti i passeggeri di un autobus e che vive le vite di tutti tranne che la sua, ha incontrato la paralitica con gli occhi pieni di gioia perché è riuscita per la prima volta a far sventolare una bandierina, si è sdraiata accanto alla madre di famiglia stufa di vivere che si rimette in forma per essere bella almeno da morta... 
Sono spesso donne i personaggi di questi storie che Cristiana Pivari ci racconta "in prima persona singolare". Lo fa sedendosi accanto a loro e facendosi silenziosa membrana di trasmissione dei loro pensieri, che fluiscono liberi e casuali, mentre quelli, i personaggi, sono intrappolati dentro il loro piccolo destino: un corpo paralizzato, la volontà di non ricordare un dolore insopportabile, un amore sbagliato, l'essere diverso dagli altri oppure essere figlio di puttana. 
- Provaci! - dice la scritta rossa su un campanello in uno di questi dieci racconti. Provaci a vivere, fallo a tuo modo, nonostante tutto fai sentire la tua voce, fosse anche un urlo, sembra dirci Cristiana Pivari. 
La sua scrittura è marcatamente femminile, tutta di cuore ed emozioni. Descrive paesaggi interiori, schizza acquerelli dell'anima, e lo fa con grazia e asciuttezza, con un pizzico di ironia ed evitando le melensaggini e i luoghi comuni. Per questo suo approccio autentico alla scrittura le perdoniamo qualche spiegazione di troppo che qua e là rallentano il flusso di coscienza caratteristico della sua voce. Deve solo prendere piena consapolezza del fatto che i suoi personaggi sono sufficientemente forti, nella loro quotidiana miseria, da non aver bisogno di bastoni didascalici di sostegno. 
Una bella prova, questo primo lavoro di Cristiana Pivari. 
Una voce personale ed immediata, come quella di una cara zia che non vedevamo da anni e che una sera, all'improvviso, compare in casa nostra dispensandoci bignè alla crema, sorrisi e racconti di vita. 
Grazie zia! 
http://fabiomusati.blogspot.com/

Una recensione del mio primo libro da "www.ladigetto.it"
Il libro della settimana – Di Guido de Mozzi 


IL CONTENUTO 
Proviamo mai a metterci nei panni degli altri, “in prima persona singolare”? A dire “io” e a pensare e agire come un altro penserebbe e agirebbe? Cristiana Pivari lo ha fatto e dal suo esperimento è nata questa coinvolgente raccolta di racconti. Vicende straordinarie nella loro quotidianità, uomini e donne alle prese con situazioni diverse, cariche di significato e di spunti per riflettere. Il sogno di avere a disposizione un’ingente somma di denaro. Il passato che, di continuo, interferisce con il presente, o le azioni altrui che, inevitabilmente, si riflettono e modificano le proprie certezze. La decisione di dire, almeno una volta, ciò che si pensa veramente. I personaggi che popolano il mondo di In prima persona singolare, con armonia e semplicità parlano di sé, si rivelano, testimoni di una società troppo spesso superficiale. 

IL COMMENTO 
Cristiana Pivari è nata a Trento il 1° giugno 1956, quindi è una nostra illustre concittadina. Ha vinto numerosi premi letterari, tra i quali vale la pena ricordare che nel 2006 ha avuto una menzione al premio «Il camaleonte – Città di Chieri» con il racconto «Una storia non triste». E non sono tristi neanche i 10 racconti che ha raccolto in questa pubblicazione, neppure quelli che ne avrebbero tutti i presupposti, e questo va a tutto rispetto della nostra autrice. 
Devo dire che anche a me piace scrivere in prima persona singolare, ma proprio per questo so che una delle cose più difficili per uno scrittore è quello di entrare nei panni di personaggi diversi da quello che si è, ed è quasi impossibile fingere di essere di sesso diverso dal proprio senza tradire il proprio genere. Lei ci è riuscita e questo va a tutto suo onore. Ma è riuscita ad interpretare in prima persona ruoli con età e caratteristiche peculiari completamente diverse l’una dall’altra, e anche qui è stata bravissima. 
Di ognuno di questi racconti bisognerebbe scrivere una recensione a sé, ma sono così brevi che non si può farlo senza in qualche modo raccontare anche la storia stessa e, ovviamente, togliendo la mano felice dell’autrice e quindi lo stesso interesse letterario offerto dalla lettura. 

Non si dovrebbe farlo tra colleghi, ma voglio lo stesso provare ad esprimere cinque considerazioni sull'amica Cristiana. Forse mi perdonerà, forse no. Ad ogni modo eccone una in premessa, una sul suo modo di esprimersi, poi sulla raccolta nel suo insieme, qualcosa sui singoli racconti e infine una in conclusione. 

Anzitutto, così brevi, i racconti di Cristiana Pivari racchiudono il loro significato a volte in una sola battuta, talvolta in un finale a sorpresa, talora in una sottile logica svolta sul filo dell’intera trama. In effetti, dopo aver letto uno o due dei suoi racconti, il lettore si aspetta sempre la sorpresa finale, una logica portante e il significato che ha spinto la nostra Cristiana a prendere il computer e gettare la sua storia. Questa è forse la cosa più interessante, perché anche nei romanzi a lunga gittata l’interesse viene spesso nutrito dal termine di un capitolo, scritto in modo da invitare il lettore a incominciare subito quello successivo. 

Il volumetto nel suo insieme è piacevole da leggere, è scorrevole e pieno di sottili espressioni letterarie che ne fanno una vera e propria piccola delizia. Degli esempi con, tra parentesi, il mio occhiello. 
- Pagina 17: (Passa parola) «E' un classico. Le voci corrono e quando arrivano sono completamente distorte, in questo caso esagerate. » 
- Pagina 31: (L'istruzione) «C'è stato un tempo in cui mi preoccupavo di instillare in piccole menti grandi valori, conditi con regole grammaticali per poterli esporre correttamente, con nozioni si storia e geografia per poterli collocare nel tempo e nello spazio.» 
- Pagina 36: (Provocazione) «E se decidessi di nascere omosessuale?» 
- Pag. 53: (Malattia professionale) «... così come li definiva mia suocera, che a furia di "Selezione del Reader Digest" aveva subito anche la selezione naturale dei neuroni». 
- Pag. 59: (Una botta e via) «Non dico che soffrisse di eiaculazione precoce, ma di smania di andarsene in fretta, un po' sì.» 
- Pag. 69: (Dire sempre quel che si pensa) «E' pazza.» Penso. «Forse hai ragione.» Dico. 

Se poi vogliamo dare un «corpo» alla raccolta, direi che potrebbe essere collocata in una sorta di «ciclo dei vincenti», perché ogni storia alla fine non lascia l’amaro in bocca al lettore (neanche quando finisce tragicamente). Una portante di riscatti, di riprese, di rinunce, di rilanci in avanti, di «pari e patta», che offre e trasmette sempre una vera forma di ottimismo. 

Per quanto riguarda i singoli racconti (provo parlarne senza riportare il contenuto), parlerò di alcuni, senza per questo sminuire quelli che non cito. 
Nel primo, intitolato «Dacci oggi il nostro pane quotidiano», l’autrice parla in prima persona da maschietto e merita leggerlo per verificare quello che ho detto all’inizio. Ma è anche il primo della serie ed è la chiave di lettura dell’intera partita. 
Il terzo, intitolato «Povera donna» è molto triste, ma è narrato in modo così positivo da rendere accettabile anche la situazione di estremo disagio che vi si trova. 
Anche «Figlio di puttana», il sesto della serie, ha un finale a sorpresa. Anche se alla fine della lettura si scopre che «non poteva finire che così», in effetti lo si ammette solo all’ultima riga. 
Il penultimo, «Oggi è un bel giorno per morire», offre invece una soluzione inaspettata, tale da rimettere in riga anche i pensieri più neri. 
Dulcis in fundo «Nata oggi», ultimo della serie, che rappresenta un po’ l’anima dell’autrice, perché ripropone l’evoluzione naturale della Donna. Niente femminismo, sia ben chiaro, solamente presa di coscienza culturale. 

A parte la brevità del volumetto (82 pagine, tutto compreso), concluderei dicendo che se questa è stata una prova generale di Cristiana Pivari prima di scrivere un romanzo intero, maturo e complesso, direi che c’è riuscita benissimo e che il risultato è più che incoraggiante. Ci auguriamo quindi di vederla presto sugli scaffali tra i best seller. 

Recensione di Isabella Giomi
In prima persona singolare - mie impressioni

Cristiana Pivari è un’autrice trasformista, possiede una rara capacità mimetica e con questi dieci raccontini è riuscita a dimostrarcelo. In prima persona singolare è una raccolta, sembrerebbe, scritta appositamente per calarsi nelle esistenze più disparate, sempre mantenendo una spietata autocritica, un occhio vigile a cogliere gli aspetti salienti di ogni situazione. 
Una composita galleria di personaggi, tutti visti da dentro, a volte parlandosi addosso, altre volte con un linguaggio più stupito, quasi attonito, nelle pieghe più riposte dei loro destini, talvolta al limite del comico, altre volte drammatici, sempre mantenendo la padronanza di sé, una quieta coscienza consapevole e lucida, perfino nelle tragiche scelte finali. Uomini e donne, senza distinzione, sono tutti mossi da un’urgenza a definirsi, con una potenza descrittiva che li fa quasi uscire dalla pagina. 
C’è la coppia destinata ad incontrarsi, un ragazzo arabo un po’ emarginato e una giovane disabile, e il loro vissuto individuale che precede l’incontro in forma di diario, qui la narrazione è intessuta in modo tale, che l’epilogo del loro incontro sembra la cosa più naturale del mondo, c’è la povera barbona che vive rari sprazzi di lucidità e ricorda a fatica la vita passata e il suo dramma rimosso, c’è il ragazzo naif, una specie di Forrest Gump, vissuto in una realtà ovattata e falsa, che, scoprendo la reale occupazione di sua madre prenderà una tragica decisione. C’è l’eterna ragazza che ripercorre la sua vita passata fino a decidere di morire, ma sbaglia dose di sonnifero. C’è la trentaseienne vittima dei giudizi materni per colpa dei quali non ha mai acquisito sicurezza in se stessa. C’è persino un’anima disincarnata proveniente dal dramma dell’olocausto, la quale, sospesa in una dimensione celeste, sta meditando sulla scelta di un nuovo corpo in cui reincarnarsi. 
Una serie di siparietti, di figure ben delineate, nelle quali, in qualche vivida descrizione, a tratti si intravede l’autrice, un po’ come nei vecchi film di Hichckok ogni tanto il regista faceva un'apparizione, come a dire: io creo, invento, faccio apparire dal nulla, ma intanto sono qua, burattinaio immancabile e onnisciente. 
http://blog.libero.it/tanysha/





 


Sample text:

DACCI OGGI IL NOSTRO PANE

 

What the fuck is this world running to?

Ecco, appunto, me lo chiedo anch’io. Cosa corri mondo se io non riesco a starti dietro?

«Parole sante, caro Eddie», borbotto rivolto alla radiosveglia che sta trasmettendo un pezzo dei Pearl Jam che ha il potere di svegliarmi per bene, perché sono uno dei miei gruppi preferiti, ma nello stesso tempo mi costringe a delle riflessioni amare e tutto questo quando è poco più che l’alba.

Ho quasi trent’anni, non ho uno straccio di ragazza né un lavoro decente che non mi faccia alzare tutte le mattine alle cinque per portare in giro quella schifezza di pane per quei fetenti dei miei datori di lavoro che si permettono pure di pagarmi una miseria.

Con quello che mi danno non riuscirei a comperare il loro pane nemmeno per una settimana.

Seicento euro al mese: paga la parte d’affitto paga la parte di bollette e la parte di spesa e poi non ci pago più niente.

Vita al minimo, nemmeno una pizza il venerdì sera.

 

Michele si sta muovendo in bagno, che cazzo fa lì dentro a quest’ora? spero lo molli presto perché per me è già tardi e lui invece può dormire tutta la mattina perché penso che oggi all'università non lo vedranno proprio. Beato lui, bella vita. Genitori che gli passano il mensile, qualche esame tanto per non perdere l’abitudine e una marea di ragazze. Non è proprio un adone, ma ci sa fare e poi è un bravo amico e non poteva andarmi meglio.

 

 


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