Ricordati di me by Pina Varriale

romanzo

Ricordati di me

Paolo si sente al sicuro: ha una bella famiglia, una moglie che ama e una casa confortevole. All’improvviso però tutto cambia ed ecco che si ritrova costretto in un letto a vivere in maniera frammentaria e allucinata la sua esistenza, al punto che la sua camera diventa una prigione, sorvegliata a vista da crudeli carcerieri.

Ma qual è la sua colpa?  E come potranno scagionarlo i sogni, gli incubi, i ricordi?

Tutto è contro di lui, ma Paolo non si arrende e, pur di non perdere l’unico grande amore della sua vita, è pronto a lottare perfino contro il più temibile dei nemici: l’Alzheimer.

Genre: FICTION / General

Secondary Genre: FICTION / General

Language: Italian

Keywords: narrativa

Word Count: 80.634

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Sample text:

Maledetto brusio!

Così fastidioso da impedirgli persino di pensare. Se almeno avesse potuto farlo tacere insieme alle risate continue che, come un cicaleccio di sottofondo, gli interrompevano il filo dei suoi discorsi esponendolo ogni volta, inerme, alle bizze del tempo. Il tempo, sì! Come chiamare altrimenti quell’andirivieni costante tra un evento e l’altro? Chiunque, al suo posto, si sarebbe arreso a un nemico che, senza nessun preavviso, gli cambiava gli scenari davanti agli occhi. Ma non lui, perché Paolo aveva imparato a tenergli testa, a non farsi più fregare. Ne aveva viste di peggio: aveva vissuto la guerra, la fame e poi l’abbandono. I parenti l’avevano lasciato nell’orfanotrofio mentre fuori le bombe venivano giù a grappoli. No, quelli lì non gli facevano paura. La paura la conosceva, aveva un odore diverso, sapeva di sangue misto a polvere da sparo, puzzava da far vomitare: era fetore d’urina e pesce marcio che scorreva nei rigagnoli melmosi e moriva nel mare.

“Quelli lì manco se lo immaginano che cosa ho passato.”

Confabulavano tutto il giorno, dietro la porta chiusa, mai stanchi di dare fiato ai polmoni, mai sazi di escogitare torture ogni volta nuove.

Due anni. Era da due anni che quei maledetti lo tenevano prigioniero là dentro. Mai torto un capello a nessuno, lui, in vita sua. E allora, perché tutto quell’accanimento? Lo tenevano segregato in quella stanzetta arredata come la cella di un frate, con quella maledetta porta sempre chiusa.

A fatica, si voltò sul fianco sinistro, verso la parete su cui una mosca si sfregava le zampine e da dove, come ogni sera, da crepe sottili sarebbero emersi miriadi d’insetti. La donna ‒ Chiara? ‒ che di tanto in tanto faceva capolino nella stanza non se ne curava affatto.


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