L’afa di luglio by Marco Busatta

giallo

L’afa di luglio

Una palazzina nel quartiere padovano dell’Arcella, una trattoria specializzata in pesce fritto, un premiato salumificio e la questura di Padova. Sono questi i luoghi che fanno da cornice a una girandola di personaggi, le cui vite si intrecceranno in un vortice di avvenimenti dalle tinte nere, intramezzati a momenti di ilarità.

Una storia ambientata tra la città e la campagna padovana nel mese di luglio, periodo in cui l’afa non concede tregua. Solo nel finale il morso dell’umidità si allenterà, per dare modo ai tasselli del mosaico di incastrarsi nella loro sede naturale.

Genre: FICTION / Crime

Secondary Genre: FICTION / Thrillers / Crime

Language: Italian

Keywords: giallo

Word Count: 46.314

Sales info:

Una palazzina nel quartiere padovano dell’Arcella, una trattoria specializzata in pesce fritto, un premiato salumificio e la questura di Padova. Sono questi i luoghi che fanno da cornice a una girandola di personaggi, le cui vite si intrecceranno in un vortice di avvenimenti dalle tinte nere, intramezzati a momenti di ilarità.

Una storia ambientata tra la città e la campagna padovana nel mese di luglio, periodo in cui l’afa non concede tregua. Solo nel finale il morso dell’umidità si allenterà, per dare modo ai tasselli del mosaico di incastrarsi nella loro sede naturale.


Sample text:

Il canto dei merli riempì poco alla volta l’aria già calda. Nei condomini distanti un centinaio di metri comparvero i primi timidi segni di vita: qualche tapparella venne alzata, qualcuno uscì a stiracchiarsi in terrazza, le luci esterne vennero spente. Gianni, in piedi sotto l’insegna del bar, voltò le spalle al parcheggio assolato, aprì il pesante lucchetto e sfilò la catena dalle maniglie del portone. Con gran clangore alzò la serranda. Non gli restava che infilare la chiave nella toppa e aprire l’osteria. Esitò, gettò uno sguardo al piazzale: deserto. Un basso muro rifinito a calce delimitava il parcheggio, più avanti correva la strada principale del paese, deserta anche quella.

Gianni sbirciò l’ora sul Casio dorato: 6.04. Rigirò la chiave nel palmo della mano, si guardò intorno. Un’utilitaria grigio topo stipata di reduci da una nottata di eccessi e con lo stereo a massimo volume, sfrecciò lungo la strada principale. Scomparve, rapida rumorosa e stupida, come era apparsa.

«Correte, correte dalla puttana di vostra madre!» sbottò Gianni. Imprecava ancora quando vide avanzare un cappello di paglia. Nonostante la tesa ne celasse il viso, l’oste ben conosceva la figura e nell’osservarla, non riuscì a trattenere un sorriso. L’andatura sicura sulle gambe curve, la camicia bianca a mezze maniche, i pantaloncini kaki e i sandali di cuoio. Rimise il broncio solo quando il vecchio Gino gli si parò davanti, stuzzicadenti all’angolo della bocca e alitosi galoppante.


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